Per il giorno della memoria ho letto questo libro che ho finito oggi...ecco cosa ne penso
Titolo: Avevano spento anche la luna
Autore: Ruta Sepetys
Traduttore: R. Scarabelli
Editore: Garzanti Libri
Collana: Narratori moderni
Anno edizione: 2011
Pagine: 298 p. , Rilegato
Prezzo: 18 € (
qui)
EAN: 9788811670360
TRAMA
Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell'università, è sulla lista nera, insieme alle famiglie di molti altri scrittori, professori, dottori. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all'arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno. Ma c'è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. E l'unico modo, se c'è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi.
LA MIA RECENSIONE
Ho letto questo romanzo con parecchi anni di ritardo rispetto alla data di uscita (il 2011) ma devo dire che mi è piaciuto davvero molto. L'ho cominciato appositamente il 27 gennaio in occasione della giornata della memoria perché credo che sia importante, anche a distanza di molti anni, ricordare tutte quelle persone che in un modo o nell'altro hanno sopportato e subito ingiustizie senza un vero motivo. In questo libro a differenza di altri che ho letto sul tema (ad esempio
Quando dal cielo cadevano le stelle che ho pubblicato venerdì) non parliamo di ebrei ma di una famiglia benestante lituana composta da Lina, ragazza quindicenne, dal fratellino Jonas di dieci anni e dalla madre Elena. Il padre è pressoché assente, si sa soltanto che è stato dichiarato complice perché ha favorito la fuga di una famiglia lituana in Germania ed è quindi stato arrestato. Ci troviamo nella loro casa nel 1941 quando la polizia sovietica li preleva per deportarli con tante altre famiglie prima in un campo di lavoro in Russia a raccogliere barbabietole e poi in Siberia. Dapprima la povera gente è ammassata in un carro bestiame senza la possibilità di muoversi e con pochissimo cibo e per parecchie settimane è rimasta al buio senza sapere dove fossero diretti. Stanchi e affamati una volta giunti a destinazione dovranno cercare di ripararsi dal freddo e costruire con le proprie mani il loro giaciglio (perché quello che saranno in grado di fare non si può proprio definire casa) con dei materiali di scarto trovati li in giro. Sia adulti che ragazzi saranno costretti a lavorare senza sosta anche per dodici ore al giorno per ottenere la loro piccola razione di pane secco della giornata mentre i soldati se ne staranno in casa al caldo con molto cibo e legna a disposizione. Noi lettori vivremo in prima persona la vita di Lina e dei suoi cari, le loro vite da esseri umani cancellate in una sola notte, la disperazione negli occhi della ragazza che cerca in tutti i modi, senza farsi scoprire, di comunicare con il padre grazie a piccoli disegni e schizzi su un fazzoletto che poi farà circolare per il campo tra i deportati. La speranza che qualcuno prima o poi lo trovi e lui riconoscendoli capisca il luogo in cui si trovano e li liberi continuerà per tutta la durata del romanzo. Lina con i suoi disegni lascerà anche ad altri testimonianza di tutti gli orrori vissuti e pur essendo in ogni momento circondata da fame, stenti e miseria saranno uno stimolo che le permetterà di non smettere mai di sperare. La sua passione per il disegno la salverà sia mentalmente che fisicamente perché i soldati riconosceranno la sua dote e le chiederanno di fare alcuni ritratti che ricompenseranno poi con un po' di cibo in più, indispensabile per affrontare il freddo inverno siberiano.Oltre a lei e alla sua famiglia faremo la conoscenza di tanti altri personaggi caratterizzati molto bene, ognuno con le proprie speranze e il proprio passato ma accomunati purtroppo dal loro stesso destino. Anche se in molti punti il libro è abbastanza forte è scritto veramente benissimo e dato che è narrato dal punto di vista di una quindicenne è veramente adatto a tutti, vi consiglio davvero di leggerlo..sono fatti che anche solo leggendoli possono far stare male ma purtroppo sono davvero avvenuti e ed è nostro dovere ricordarli tutto l'anno non soltanto il giorno della memoria per evitare che succedano ancora.
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